Perché chiodare?
Di Matteo Felanda e Andrea Bisio (Dinda)
Diciamolo subito, chiodare è un’attività faticosa: non è solo vedere una falesia, le linee di scalata che ci uscirebbero, valutarne a occhio i possibili gradi difficoltà, pensare che “ingaggio” attribuirgli (voglio creare una cosa per tutti? voglio fare una cosa elitaria? passaggi obbligatori o alla portata di ognuno? ecc..), immaginarti creatore e primo liberatore di vie bellissime (ogni scarafone è bello a mamma sua…), ricevere apprezzamenti, ma anche critiche (costruttive eh! se non tenetevele!!), in definitiva onore, fama e gratitudine!
Chiodare è soprattutto pulire, disgaggiare, togliere massi pericolanti, togliere il fango dai buchi, tagliare arbusti, in parete, sotto parete, sul sentiero, che magari non esiste, ecco, allora aggiungici anche creare il sentiero, i gradini, le piazzole, spazzolare, pulire e pulire ancora.
Ma è anche mettere su le corde, e allora avventurarsi su per bricchi, spesso esposti, carico come un mulo, ma mai abbastanza carico, perché poi, come al solito, qualcosa te la sei sempre dimenticata giù in macchina.
Cercare un albero, un pezzo di roccia che abbia parvenze di solidità, creare una sosta e interrogarti continuamente se sarà una buona sosta, sporgerti la prima volta, buttare il culo in fuori, in un misto di emozione e paura, toccare finalmente la parete, mettere il primo fix di servizio, o un chiodo, o un cordino, insomma qualcos’altro a cui attaccarti, farci un barcaiolo (che poi ti dovrai fare un mazzo tanto a sciogliere, ma che ora deve essere insolubile).
E iniziare a scendere, immaginare e provare i movimenti, i moschettonaggi, finalmente forare: è in quel punto che hai deciso di mettere “l’ancora di salvezza”.
E finalmente sei coi piedi per terra, ti sgravi dall’imbrago che ti segava le cosce, scarichi materiale e polvere, bevi qualcosa, finalmente sei a terra, ma vuoi già risalire.
E il più delle volte sei solo, perché il chiodatore è un anarchico, un solitario, un imbecille: pretende che gli si dia una mano, ma le cose van fatte come dice lui. E chi fa da sé, fa per tre, va là, che è meglio, se sbagli, hai sbagliato tu, niente rimorsi o rimpianti per aver ascoltato un'altra campana, che non ti convinceva, anche se talora i consigli son utili, imbecille sì, ma non cocciuto!
Quando ti prende il virus della chiodatura, non puoi più farne a meno, guardi le rocce con un occhio completamente diverso da quello di tutti gli altri arrampicatori, non toccati da questo virus, ti prudono le mani, ti senti in dovere di fare qualcosa: ma cosa sto lì a bambanare insieme a tutti, a tanti, con corda e moschettoni?! Devo darmi da fare!
Tutto questo è per me chiodare, e penso che lo sia anche per il mio amico Dinda, il quale però ci aggiunge 20 anni di chiodatura, 900 itinerari creati, una passione smodata per la Val Pennavaire, che lo porta a cercare sempre una falesia in più.
Matteo Felanda
Oggi 02/05/13 seduto sotto ai tiri dell'erboristeria alta in fase di manutenzione mi viene da pensare: sono le 15.40 è da stamattina alle 6.30 che sono sveglio e dalle 7.40 che sono attivo in falesia. Tutti i weekend hanno la stessa piega: gli anni passano, fortunatamente godo di ottima salute e ho una motivazione alle stelle, malgrado i miei trent'anni di attività. Si potrebbe pensare che ogni giornata sia uguale alle altre, ma a me non sembra, anche se faccio le stesse cose da sempre, cioè chiodare e scalare.
Questa situazione va avanti da anni: ogni fine settimana si lavora in falesia, la fatica della domenica sera viene dimenticata il martedì (il lunedì è dura andare al lavoro ma ci vado con il sorriso). Il tutto viene fatto per giornate come oggi, dove dall'alto delle soste che sto attrezzando mi godo un ottimo panorama e vedo il via vai delle macchine che transitano nella valle, alla ricerca delle falesie più adatte a seconda delle condizioni meteo. Chi sceglie ancora il sole anche se la temperatura incomincia ad essere caliente, chi in modo più professionale cerca l'aderenza. Ed è questo grande movimento che motiva la mia super passione: vedere automobili con targhe sempre differenti di tutta l'Europa mi fa pensare di continuare ancora.
Dinda